Rotelle in fuga ep. 5 – Intervista a Robscene

Interrompiamo l’ubriacatura di articoli sullo SKIR: torna a spron battuto la rubrica Rotelle In Fuga, stavolta si va a Londra da una delle giocatrici della prima nazionale italiana! 

Quello di Robscene è uno dei nomi che per me sono storici, visto che il mio primo approccio col roller derby è stato la radiocronaca del mondiale di Dallas che faceva in streaming l’ottima Ransie: non avevo idea di chi fossero le giocatrici (a parte le due che già conoscevo per motivi extra-sportivi) ma conoscevo bene i derby name; poi, grazie al documentario Italian Jam, ho finalmente associato i nomi alle facce.

Iniziamo con le cose facili: derby name, da dove vieni, dove abiti ora e quando ti ci sei trasferita?
Nome Robscene, anche se sono Robs per tutti. Vengo da Seregno (tra Milano e Como). Abito a Londra dal 2002, ma ho vissuto in America per 9 anni prima di venire qua.

Come hai scoperto il roller derby?
Per caso: un’amica voleva provarlo e aveva bisogno di un po’ di sostegno morale. L’ho accompagnata ad un allenamento nel Novembre 2008, ed è stato un colpo di fulmine!

Conosci il roller derby italiano? Dal tuo punto i vista, quali sono le maggiori differenze rispetto a dove sei adesso?
La mia conoscenza del derby italiano risale alla fine del 2013 con il primo bootcamp delle Bloody Wheels a Torino e i primi incontri per la costituzione della nazionale che ha poi partecipato ai mondiali del 2014. Dopo Dallas, ho fatto solo un paio di partite con la mia squadra londinese e poi mi sono ‘ufficialmente’ ritirata, quindi i miei punti di riferimento sulla nazionale non sono molto attuali. A dire la verità non ho mai visto grandissime differenze a parte l’esperienza sul track in sè: l’organizzazione e la comunità sono molto simili e sono queste che fanno crescere lo sport.

“Preferisco mandarti una foto con lo spirito di squadra, perchè senza quello non c’è roller derby” – Robscene

Una delle differenze che vedo è forse la presenza di tantissimi challenge teams: squadre non associate a nessuna lega competitiva ma organizzate ad hoc: Wall of Small (per skaters sotto il metro e sessanta), Crazy Legs (per chi soffre di malattie ‘invisibili’), Metal Legs (per chi è stato fratturato), Skatanist… la lista è lunghissima. La loro presenza dà modo alle skaters di giocare molte più partite e fare più esperienza e dare la possibilità a chi, come me, vuole giocare solo ogni tanto.

Che rapporto hai con la nazionale italiana? E con quella del paese attuale?
Ho allenato e giocato con la prima nazionale italiana. E’ stata un’esperienza fantastica ma, essendo stata la prima nazionale, purtroppo abbiamo anche imparato facendo errori. Non ho a che fare con la nazionale attuale, ma da quello che leggo e vedo, penso stia andando molto bene e non sia più l’underdog del 2014. Per quanto riguarda la nazionale inglese, sono stata sempre solo spettatrice. Anche se non vivo in Italia da 24 anni, ho sempre voluto rappresentare solo una nazionale: quella italiana!

Qual è la cosa più stupida/buffa/geniale che hai fatto durante un bout?
Per ‘buffa’ diciamo tutti i boutfit [l’abbigliamento che si indossa durante un bout – NdR] dei primi due anni: il roller derby era ancora sinonimo di calze a rete/face paint, crazy skate out routine divertenti e plateali, ma non hanno più posto nel roller derby attuale per cui ora sembrano buffi. Per ‘stupida’, nonostante il mio ginocchio non sarà mai quello di prima: giocare ai mondiali di Dallas con i legamenti mediali del ginocchio lesi, anche se tutt’ora non me ne pento. Purtroppo per ‘geniale’ non ho idee!

Non ho a che fare con la nazionale attuale, ma da quello che leggo e vedo, penso stia andando molto bene e non sia più l’underdog del 2014

Basta domande serie, passiamo a quelle stupide, scontate ma inevitabili: quanto ti manca il bidet?
Mmhm, mi manca solo quando sono in Italia e mi dico: “magari ce l’avessimo a Londra”. Ma quando sono qua non ci penso mai!

Le tue compagne di squadra ti sfottono per l’accento italiano?
Lo facevano solo finchè sono arrivate le Venturini!

Quanto sei calata nello stereotipo dell’ “italiana vista dagli stranieri”? Del tipo, gesticoli sempre? Cucini bene? Sei sempre elegantissima?
Non tantissimo: non metto mai gli occhiali da sole! [E vorrei vedere, abiti a Londra, mica in California! – NdR] ‘Elegante’ non è un aggettivo che userei per descrivere il mio guardaroba; ed essendo vegetariana, il mio cucinare non è proprio tipico italiano… ma il gesticolare purtroppo rimane anche dopo tutti questi anni! E ne sono fiera!